mercoledì 3 febbraio 2010

L'intervento di Eligio Lupo

XVI CONGRESSO C.G.I.L. 2 FEBBRAIO 2010




Care compagne, cari compagni, non farò alcun riferimento all’attuale fase politica che il Paese sta attraversando poiché ognuno di noi, intimamente e non solo, ne avrebbe da raccontare, come spesso ci capita di fare, e non basterebbero gli epiteti per definire il degrado che si sta instaurando nei rapporti politici, civili ed economici dei cittadini, per mano di questa classe politica delinquenziale che ci sta espropriando anche del lessico e della cultura democratica della legalità. Ecco il punto: la legalità, la vera questione morale violata fino ai suoi più profondi valori fondativi; ovviamente mi riferisco alla Costituzione, che è il patto di convivenza civile della popolazione, che di civile sta rimanendo sempre meno. Ed è qui che la CGIL si deve insediare. Se noi non ci insinuiamo in questo stato delle cose e non ci facciamo portatori di quella che penso debba essere anche un’autoriforma dell’organizzazione, la CGIL muore. La CGIL è in grave ritardo anche nell’approccio culturale e nell’applicazione delle regole che si è data, e mi riferisco alla rappresentanza generale del lavoro e dei lavoratori migranti. La CGIL si deve chiedere come mai siamo diventati uno dei Paesi più avanzati per disuguaglianza nella distribuzione del reddito. Oggi, con un governo peronista, è insufficiente e debole chiedere che vengano tassate le rendite finanziarie. Quando lo chiedevamo qualche anno fa, che eravamo la minoranza in CGIL e contestavamo la politica del meno peggio, che poi ci ha portato al peggio, che non ha voluto alcuna redistribuzione per i lavoratori di quelle risorse che al contrario sono state regalate alle imprese dal governo di centrosinistra, non ci si filava nessuno. Al lavoro dipendente, demolito in tutte le sue tutele, in aggiunta al tracollo dei salari, studiato da politiche economiche scellerate costruite ad hoc, è rimasto solo il dumping sociale fra generazioni e fra lavoratori, questa è l’unica redistribuzione della quale oggi il lavoratore dipendente gode; e questo è accaduto grazie anche alla politica della concertazione e dei redditi fallimentare, che ha finito per tradire le aspettative di vita di chi in questi anni ha poi deciso di allontanarsi sempre più dal sindacato; ovvero molti inorridiscono, ritenendo che il sindacato sia anche corresponsabile di alcune politiche di governo che hanno prodotto discriminazioni, che al contrario non subirebbero o non avrebbero subito se il sindacato non esistesse o non fosse esistito. E questo il sindacato lo paga anche perché ha perso il contatto con i lavoratori e questi ultimi con la rappresentanza, dove questo distacco viene interpretato dai lavoratori, anzi frainteso, come la gestione degli interessi personali del sindacalista, insomma dei suoi privilegi. Sono le ragioni della caduta libera del consenso, questo, ripeto, dobbiamo affrontare. Ma non con quel linguaggio burocratico in sindacalese stretto che abbiamo subito e conosciuto fino ad oggi, che ha opposto resistenza alla libera circolazione delle idee necessarie alla ricerca di soluzioni per un rilancio vero e proprio della confederalità. La confederalità deve prevedere l’inclusione e l’accoglienza, l’uguaglianza, la solidarietà e la partecipazione per una vera e propria trasformazione che, a partire dai posti di lavoro, dalle categorie e dai territori deve innovare la rappresentanza e la democrazia sindacale. Ecco un altro punto: la democrazia, prima che la democrazia sindacale. E mi riferisco all’accordo separato sul modello contrattuale, che colpisce la ragion d’essere del sindacato, oserei dire la sua esistenza, nel momento in cui l’accordo ha violato palesemente l’efficacia erga omnes,

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quell’efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce,
come recita l’art. 39 della Costituzione. Così, la l. 133/08, l’accordo separato e il d.lgs. 150/09 suonano le campane a morto per la CGIL, che si vuole smetta a tutti i costi di essere la più grande organizzazione politico-sindacale di massa del Paese. Io voglio che la CGIL viva e non che sopravviva. Se la democrazia è in pericolo, e lo è per davvero, lo si vede sui posti di lavoro, dove non ci sono più regole condivise, nel momento in cui vengono firmati accordi da organizzazioni minoritarie, anzi non rappresentative (UGL). Il NO della CGIL all’accordo separato di un anno fa, dobbiamo farlo diventare “una politica alternativa a quell’accordo”. Quel modello contrattuale deve essere rovesciato. Voterò il secondo documento e tutti i suoi presupposti di discontinuità al tirare a campare, presupposti alternativi, a mio avviso, a quella che è stata la gestione della CGIL dall’ultimo congresso. LA CGIL CHE VOGLIAMO propone un progetto autonomo di confronto con tutte le forze politiche e respinge quella commistione di molti dirigenti sindacali con i partiti politici, istituzioni, enti pubblici, ecc… La sola innovazione possibile ritengo che sia quella di superare l’eccessiva burocratizzazione e l’accentramento delle decisioni, un’autoriforma vera che risponda a collegialità, al rispetto delle regole interne, al pluralismo anche etnico. Credo che anche “solo” questo possa essere sufficiente per rigenerare un sindacato che spesso solo a parole e molto poco nei fatti ha consentito quella validazione degli accordi che in realtà ha esercitato solo la FIOM nella CGIL. Ho ricevuto critiche per aver aderito al secondo documento, per il fatto che il segretario generale della FP è firmatario de LA CGIL CHE VOGLIAMO e che quindi sarei in contraddizione per il fatto che Podda non possa essere credibile perché ha gestito la funzione pubblica sulla base di una preventiva richiesta di fedeltà burocratica ai gruppi dirigenti dell’organizzazione. Ma guardate un po’ che scoperta? Perché Epifani vi risulta che senta la necessità contraria, e di autoriformare la CGIL? Nonostante l’attacco sistematico a tutta la legislazione del lavoro in atto? Perché, vi pare che il primo documento respinga con nettezza gli enti bilaterali? E non emerge anche una sorta di conservazione dell’esistente che oggi produce ancora l’ennesima proclamazione di uno sciopero solo sul fisco per il 12 marzo prossimo? Salvo aggiustamenti dell’ultimora, com’è successo, per inglobare anche la crisi e i lavoratori migranti; migranti che senza copertura e adesione della CGIL, invece, probabilmente diserteranno la manifestazione internazionale BLACKS OUT del 1° marzo. Stiamo aspettando e chiedendo da mesi di lanciare una piattaforma con uno sciopero generale per il lavoro, per i compagni immigrati che in alcuni settori superano anche il 20% degli iscritti e lavorare così all’innalzamento del conflitto sociale anche a sostegno dello sciopero sul fisco. Perché anche se i lavoratori sono colpiti dalle tasse sul salario e non gli viene restituito il fiscal drag da .….. ho perso il conto, e se i lavoratori pubblici non hanno più un beneficio economico di un rinnovo contrattuale decente da non so più quanto tempo, ed in più molti dei lavoratori dipendenti hanno perso il lavoro o lo stanno perdendo o nella migliore delle ipotesi sono in cassa integrazione ordinaria, poi straordinaria e poi il licenziamento, considerato che la maggior parte sono anche donne, ma pensiamo davvero che in queste condizioni si capiscano le ragioni di uno sciopero sul fisco? Siamo così sicuri che la CGIL sia stata così vicino alle categorie e che i

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lavoratori siano così disponibili a sottoporsi a quest’altro sacrificio? Ma pensiamo veramente di poter tirare a campare portando a scioperare si e no solo gli iscritti il prossimo 12 marzo, per poter dire poi che la CGIL ha fatto sciopero? No! Sono i lavoratori e i lavoratori della CGIL che devono scioperare, non i dirigenti sindacali e gli iscritti solamente! E neanche tutti gli iscritti, purtroppo, come sappiamo. Tutto questo con oltre due milioni di disoccupati e la FIAT che prende denaro pubblico per dare i dividendi agli azionisti e mette in cassa integrazione gli operai, pagati sempre con i soldi della collettività. Cassa integrazione che ha raggiunto un miliardo di ore. Quindi c’è bisogno di una sterzata o no? O vogliamo diventare il sindacato complice e dei servizi come la CISL e fottercene del lavoro e di tutte le forme di sfruttamento che la mancanza di democrazia sta producendo nel Paese? Sta per passare il d.d.l. 1441-QUATER-B che è la controriforma del diritto del lavoro. Un provvedimento eversivo che cancella la possibilità per il lavoratore di ricorrere al giudice del lavoro e che prevede la devoluzione dell’arbitrato nelle controversie insorte in relazione ai contratti, che svuota l’impianto normativo a tutela dei lavoratori e stabilisce che gli arbitri decidano senza il rispetto delle leggi e dei contratti collettivi. Una catastrofe.
Mentre IN CORPORE VILI si consuma e si è sviluppata tutta l’ambiguità di una politica sindacale senz’anima, opportunistica e burocratica, priva della più elementare rappresentanza o meglio di una rappresentanza irriconoscibile e non più rispondente alle regole della CGIL, come ho detto all’inizio. Il guasto è dovuto anche alle clientele scaturite per difendere il posto da sindacalista, che nello svolgere l’attività ha guardato più che altro a quella fedeltà burocratica richiesta ai gruppi dirigenti dalle segreterie, che non al proselitismo e alla sindacalizzazione, che, per quello che è scritto, dovrebbe essere nel DNA delle regole della CGIL. Bene, non solo non ho contraddizioni per aver scelto il secondo documento, LA CGIL CHE VOGLIAMO, ma voglio anche ringraziare i firmatari per la riuscita di una sintesi che li ha portati a fare una scelta eterogenea, coraggiosa e pluralista, soprattutto perché rispecchia le ragioni di tanti altri compagni che come me continueranno a operare nella CGIL, per la CGIL. Detto questo, la democrazia e la democrazia sindacale, a maggior ragione per tutto quello che è successo nell’ultimo anno, anno e mezzo, fra raccolte di firme, referendum sul rinnovo del biennio economico, più il referendum sul modello contrattuale, la democrazia sindacale va applicata e praticata sempre e non solo quando al governo c’è Berlusconi, Tremonti, Sacconi, ecc… Perciò, prima che conseguenti, bisogna essere coerenti. Mentre qui si brancola senza una strategia. Dopo la manifestazione del 4 aprile 2009 la CGIL non ha dato seguito ad alcuna iniziativa. Anzi, qualche categoria ha anche sottoscritto accordi secondo il nuovo modello contrattuale che abbiamo bocciato, senza che la segreteria generale abbia battuto ciglio, così viene anche il sospetto che evidentemente a quel modello ci si vorrebbe armonizzare. Il secondo documento, LA CGIL CHE VOGLIAMO, oltre che per la discontinuità all’attuale gestione della CGIL, vuole intercettare realmente l’espandersi delle disuguaglianze e delle disparità sociali, non per essere presente solamente e puramente come sostegno morale, ma per farsi strumento di quel conflitto nascente che attende di esplodere, per ridare la speranza di un mutamento, per un nuovo riscatto delle lavoratrici e dei lavoratori, dei giovani e dei migranti, ricordandoci, come dice un autorevole giurista al quale sono molto affezionato, che LA DEMOCRAZIA NON PROMETTE NULLA A NESSUNO MA RICHIEDE MOLTO A TUTTI.

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