martedì 22 dicembre 2009
bacheca 22 dicembre 2009
AUGURI A TUTTI E BUONE FESTE!!!!!!
(e l'ultimo capitolo della servil saga del buon
Paul H. D. d’Holbach, illuminista e materialista francese - 1723-1789 -
convinto ateo del suo tempo, morto un mese prima della presa della
Bastiglia.. e GRAZIE al nosto enofilosofo Eligio Elle per averci fornito
tale prezioso materiale)
Su questa base si può ben giudicare se la vi-
ta del perfetto cortigiano non è da considerarsi
un’infinita serie di penosi impegni. Possono gli
Stati pagare in maniera eccessiva una schiera
di uomini tanto devoti al servizio del Principe?
Tutti i tesori del popolo bastano a malapena
per remunerare questi eroi, martiri votati
all’interesse collettivo; non è forse giusto che
uomini che si danno tanto da fare per il bene
dei concittadini siano almeno ricompensati
correttamente in questa vita?
Quanto rispetto, quale venerazione siamo te-
nuti a dimostrare verso tali esseri privilegiati
resi così fieri dal rango e dal temperamento
naturale, vedendo con quale generosità sacri-
ficano costantemente fierezza, nobiltà e amor
proprio! Non spingono forse ogni giorno il
sublime abbandono di loro stessi fino al punto
da eseguire presso il Principe quelle funzioni
che il più umile dei valletti compie per il suo
padrone? Non trovano nulla di meschino in
tutto ciò che fanno per lui; che dico? Si inor-
gogliscono nell’esercizio dei più infimi inca-
richi presso l’adorata persona; giorno e notte
aspirano alla gratificazione di essergli utili;
lo scortano, si atteggiano a intermediari com-
piacenti di ogni suo piacere, si attribuiscono le
sue sciocchezze o si affrettano ad approvarle;
in poche parole, il buon cortigiano è talmente
assorbito dall’idea del dovere, che spesso si
sente fiero nel compiere atti disprezzati anche
dal più leale servitore. Lo spirito del Vangelo è
l’umiltà; il Figlio dell’Uomo ci ha detto che chi
si esalta sarà umiliato; il contrario è altrettanto
vero, e la gente di Corte segue alla lettera tale
precetto. Smettiamo di sorprenderci che la
Provvidenza ne ricompensi generosamente la
duttilità, e che dalla loro abiezione consegua-
no onori, ricchezza e stima da parte degli Stati
bene amministrati.
lunedì 21 dicembre 2009
Una papera adottata a via Carucci
la mascotte di via Carucci da la sua adesione alla causa comune.
E LA QUARTA PARTE.....
La nobile arte del cortigiano, l’oggetto essen-
ziale della sua cura, consiste nel tenersi infor-
mato sulle passioni e i vizi del padrone, per
essere in grado di sfruttarne il punto debole:
a quel punto sarà certo di detenere la chiave del
suo cuore. Gli piacciono le donne? Bisogna
procurargliene. È devoto? Bisogna diventarlo
o fare l’ipocrita. È di temperamento ombroso?
Bisogna instillargli sospetti riguardo a tutti
coloro che lo circondano. È pigro? Non biso-
gna mai parlargli di lavoro; in poche parole, lo
si deve servire secondo i suoi desideri e soprat-
tutto adularlo continuamente. Se è uno stupido
non si rischia nulla a prodigargli lusinghe
anche del tutto ingiustificate, ma se per
caso – si tratta in verità di un’eventualità
remotissima – fosse arguto o di buon senso,
sarebbe opportuno prendere qualche precau-
zione.
*****
Il cortigiano deve ingegnarsi per essere af-
fabile, affettuoso e educato con tutti coloro che
possono aiutarlo o nuocergli; deve mostrarsi
arrogante soltanto con chi non gli serve a
niente. Deve conoscere a memoria il prezzo
di tutti quelli che incontra, deve salutare con
reverenza la cameriera di una Dama in auge,
chiacchierare amichevolmente con il portiere
o il valletto del ministro, accarezzare il cane
dell’alto funzionario, inoltre non gli è permesso
distrarsi un attimo, la vita del cortigiano è
un perpetuo impegno.
*****
Il vero cortigiano è tenuto, come Arlecchino,
ad essere amico di tutti, ma senza commettere
la debolezza di affezionarsi a chicchessia;
costretto a soggiogare anche l’amicizia e la
sincerità, il suo attaccamento sarà riservato
all’uomo al comando fino al momento in cui
questo perde il potere. È necessario odiare
senza por tempo in mezzo chiunque abbia
contrariato il padrone o il favorito di turno.
sempre da Paul H. D. d’Holbach
Osservando i fatti da questa prospettiva,
appare chiaro che l’arte di strisciare è senz’al-
tro la più difficile da praticare. Tale sublime
disciplina è forse la più grande conquista fatta
dallo spirito umano. La natura ha posto nel
cuore degli uomini un amor proprio, un orgo-
glio, una fierezza che sono le inclinazioni più
penose da sconfiggere. L’anima si ribella contro
tutto ciò che tende a deprimerla; reagisce
vigorosamente ogni qual volta viene colpita
nel suo punto debole; e a meno di acquisire
fin da subito l’abitudine a combattere, frenare
e reprimere questo potente impulso, risulterà
impossibile dominarlo in seguito. Il cortigiano
si dedica fin dall’infanzia a tale esercizio: uno
studio utile forse quanto altri più enfaticamente
decantati, e che denota in coloro che hanno ac-
quisito la facoltà di soggiogare la natura, una
forza di cui solo pochi sono dotati. È attraverso
questi eroici sforzi, queste lotte, queste vittorie
che si distingue un cortigiano esperto, oggetto
dell’invidia dei suoi simili e della pubblica
ammirazione.
Con che coraggio poi si glorificano ancora
i sacrifici che la Religione impone a chi
aspira alla conquista del cielo! Che ci vengano
ancora a parlare della forza d’animo di quei
filosofi alteri che pretendono di svilire tutto ciò
che gli uomini apprezzano! Saggi e devoti non
sono stati capaci di vincere l’amor proprio;
l’orgoglio pare del tutto compatibile con la
devozione e la filosofia.
Solo al cortigiano è dato trionfare su se
stesso e di riportare una vittoria assoluta sugli
impulsi del cuore. Un perfetto cortigiano è
senza ombra di dubbio il più sorprendente
degli uomini. Smettiamo di parlare dell’abne-
gazione dei voti verso la Divinità…: la vera
abnegazione è quella del cortigiano verso il
proprio padrone; guardate come si umilia in
sua presenza! Diventa pura macchina, o meglio,
si riduce a un niente; attende di ricevere da
quello la propria essenza, cerca di individuare
nei suoi tratti caratteri che lui stesso deve assu-
mere; è come una cera malleabile pronta a rice-
vere qualsiasi calco le si voglia imprimere.
Certi mortali sono affetti da una rigidità di
spirito, un difetto di elasticità nei lombi, una
mancanza di flessibilità nella cervicale; que-
st’infelice funzionamento impedisce loro di
perfezionarsi nell’arte di strisciare e li rende
incapaci di fare carriera a Corte. Serpenti e ret-
tili guadagnano cime e rocce su cui neanche il
cavallo più impetuoso riesce ad issarsi. La
Corte non è per niente adatta a quei personaggi
alteri, tutti d’un pezzo, incapaci di cedere a
capricci, di assecondare fantasmi e nemmeno,
se necessario, approvare o favorire crimini
che il potere giudica necessari al benessere
dello Stato.
Un buon cortigiano non deve mai avere
un’opinione personale ma solamente quella
del padrone o del ministro, e deve saperla
anticipare facendo ricorso alla sagacia; ciò
presuppone un’esperienza consumata e una
profonda conoscenza del cuore degli uomini.
Un buon cortigiano non deve mai avere ra-
gione, non è in nessun caso autorizzato ad
essere più brillante del suo padrone o di colui
che gli dispensa benevolenze, deve tenere ben
presente che il Sovrano e più in generale l’uomo
che sta al comando non ha mai torto.
Il cortigiano ben educato deve avere uno
stomaco tanto forte da digerire tutti gli affronti
che il suo padrone vorrà infliggergli. Fin dalla
più tenera età deve imparare a dominare la
propria fisionomia, per evitare che i suoi tratti
tradiscano i moti segreti del cuore o che rive-
lino un’involontaria contrarietà che un abuso
subito potrebbe insinuarvi. Per vivere a Corte
è necessario un dominio assoluto dei muscoli
facciali, al fine di ricevere senza battere ciglio
le peggiori mortificazioni. Un individuo
rancoroso, dal brutto carattere o suscettibile
non riuscirà mai a fare carriera.
*****
In effetti gli uomini di potere non amano che
le punture da loro dispensate con tanta genero-
sità siano avvertite e tantomeno che siano og-
getto di lamentela. Il cortigiano al cospetto del
padrone deve imitare quel giovane Spartano
frustato per aver rubato una volpe; sebbene
durante la punizione l’animale nascosto sotto
il mantello gli scarnificasse il ventre, egli non
gridò di dolore. Quale arte, quale dominio
di sé sono necessari per dare prova di una tale
capacità di dissimulazione che è poi la carat-
teristica principale del vero cortigiano! È neces-
sario che egli sappia costantemente neutraliz-
zare i rivali con atteggiamenti amichevoli,
mostrare un viso disponibile, affettuoso a
coloro che più detesta, abbracciare teneramen-
te il nemico che vorrebbe strozzare; infine
bisogna che anche le bugie più spudorate
siano imperscrutabili sul suo volto.
domenica 20 dicembre 2009
Anghelu Ruju 3 - anno 2001
giovedì 17 dicembre 2009
bacheca 18 dicembre 2009
seconda parte
Ad ogni modo, gli Stati sembrano fatti
apposta per animali tanto rari; la Provvidenza
riserva loro ogni più piccolo piacere; il Sovrano
stesso non è altro che il loro uomo d’affari;
quando compie il suo dovere si limita ad occu-
parsi di soddisfare i loro bisogni, di asseconda-
re le loro fantasie; molto onorato di lavorare per
uomini così indispensabili di cui lo Stato non può
fare a meno. Se un Monarca riscuote le imposte,
dichiara la pace o la guerra, studia migliaia di
ingegnose trovate per tormentare e tassare il
popolo, lo fa nell’interesse esclusivo di tali indi-
vidui. In cambio di queste attenzioni i cortigiani
riconoscenti ripagano il Monarca con la con-
discendenza, l’assiduità, l’adulazione, la vigliac-
cheria; il saper barattare tali mercanzie in
cambio di benevolenza è probabilmente il
talento più utile a Corte.
*****
I filosofi, che spesso sono di cattivo umore,
considerano in verità il mestiere del cortigiano
come vile, infame, pari a quello di un avvelena-
tore. I popoli ingrati non percepiscono la
reale portata degli obblighi propri di questi
uomini generosi che, pur di garantire il buon
umore del Sovrano, si votano alla noia, si sa-
crificano per i suoi capricci, immolano in suo
nome onore, onestà, amor proprio, pudore e
rimorsi; ma come fanno quegli ottusi a non
rendersi conto del costo di tanti sacrifici? Non
pensano al prezzo da pagare per essere un
buon cortigiano? Qualunque sia la forza d’animo
di cui si è dotati, per quanto la coscienza possa
essersi corazzata con l’abitudine a disprezzare
la virtù e a calpestare l’onestà, per gli uomini
ordinari resta comunque penoso soffocare nel
cuore il grido della ragione. Soltanto il cortigia-
no riesce a tacitare questa voce inopportuna;
lui solo è capace di un così nobile sforzo.
l'agenda INNSE
Appena sotto potrete leggere, a cominciare da oggi, il
Saggio sull’arte di strisciare, facezia filosofica
ad uso dei cortigiani. L’autore è Paul H. D. d’Holbach,
illuminista e materialista francese (1723-1789), convinto
ateo del suo tempo, muore un mese prima della presa della
Bastiglia.
Che dire? Buona lettura con questa prima breve sezione.
Ne seguiranno altre sei o sette a completamento di questo
saggio straordinario.
Saluti, Eligio
prima parte
L’uomo di Corte è senz’ombra di dubbio il
prodotto più bizzarro di cui dispone la specie
umana. Si tratta di un animale anfibio, che
spesso assomma in sé ogni sorta di contraddi-
zione. Un filosofo danese paragona il cortigiano
a quella statua composta da diversi materiali
che Nabuccodonosor vide una volta in sogno.
Egli dice: “la testa del cortigiano è di vetro,
i capelli sono d’oro, le mani di peceresina,
il corpo di gesso, il cuore è metà di ferro
e metà di fango, i piedi di paglia e il sangue
composto da acqua e argento vivo.”
*****
Bisogna ammettere che un animale così
bizzarro risulta difficile da definire; ben lun-
gi dall’essere capito dagli altri, a malapena
egli capisce se stesso; tuttavia sembrerebbe
lecito classificarlo grossomodo nella categoria
degli esseri umani, fermo restando che gli
uomini ordinari hanno soltanto un’anima,
mentre l’uomo di Corte pare ne abbia diverse.
Infatti un cortigiano è a volte insolente e a
volte vile; può da prova della più squallida
avarizia e della più insaziabile avidità così come
di un’estrema magnanimità, di una grande au-
dacia come di una codardia vergognosa, di
un’impertinente arroganza e della correttezza
più calcolata; in poche parole egli è un Proteo,
un Giano o ancor meglio un Dio indiano raf-
figurato con sette volti differenti.
martedì 15 dicembre 2009
bacheca 15 dicembre 2009
“La formula latina MOTUS IN FINE VELOCIOR,
come dice Zagrebelsky, è una legge della storia. Quando un
governo è sicuro si sé, e forte, può fare gesti di magnanimità,
tolleranza, apertura. Qui siamo agli antipodi. E la decomposizione
avanza senza che la politica, quella istituzionale, sia in grado di
dare una risposta. Anzi, questa risposta, non sembra neanche
all’orizzonte”.