lunedì 21 dicembre 2009

sempre da Paul H. D. d’Holbach

TERZA PARTE


Osservando i fatti da questa prospettiva,
appare chiaro che l’arte di strisciare è senz’al-
tro la più difficile da praticare. Tale sublime
disciplina è forse la più grande conquista fatta
dallo spirito umano. La natura ha posto nel
cuore degli uomini un amor proprio, un orgo-
glio, una fierezza che sono le inclinazioni più
penose da sconfiggere. L’anima si ribella contro
tutto ciò che tende a deprimerla; reagisce
vigorosamente ogni qual volta viene colpita
nel suo punto debole; e a meno di acquisire
fin da subito l’abitudine a combattere, frenare
e reprimere questo potente impulso, risulterà
impossibile dominarlo in seguito. Il cortigiano
si dedica fin dall’infanzia a tale esercizio: uno
studio utile forse quanto altri più enfaticamente
decantati, e che denota in coloro che hanno ac-
quisito la facoltà di soggiogare la natura, una
forza di cui solo pochi sono dotati. È attraverso
questi eroici sforzi, queste lotte, queste vittorie
che si distingue un cortigiano esperto, oggetto
dell’invidia dei suoi simili e della pubblica
ammirazione.
Con che coraggio poi si glorificano ancora
i sacrifici che la Religione impone a chi
aspira alla conquista del cielo! Che ci vengano
ancora a parlare della forza d’animo di quei
filosofi alteri che pretendono di svilire tutto ciò
che gli uomini apprezzano! Saggi e devoti non
sono stati capaci di vincere l’amor proprio;
l’orgoglio pare del tutto compatibile con la
devozione e la filosofia.
Solo al cortigiano è dato trionfare su se
stesso e di riportare una vittoria assoluta sugli
impulsi del cuore. Un perfetto cortigiano è
senza ombra di dubbio il più sorprendente
degli uomini. Smettiamo di parlare dell’abne-
gazione dei voti verso la Divinità…: la vera
abnegazione è quella del cortigiano verso il
proprio padrone; guardate come si umilia in
sua presenza! Diventa pura macchina, o meglio,
si riduce a un niente; attende di ricevere da
quello la propria essenza, cerca di individuare
nei suoi tratti caratteri che lui stesso deve assu-
mere; è come una cera malleabile pronta a rice-
vere qualsiasi calco le si voglia imprimere.
Certi mortali sono affetti da una rigidità di
spirito, un difetto di elasticità nei lombi, una
mancanza di flessibilità nella cervicale; que-
st’infelice funzionamento impedisce loro di
perfezionarsi nell’arte di strisciare e li rende
incapaci di fare carriera a Corte. Serpenti e ret-
tili guadagnano cime e rocce su cui neanche il
cavallo più impetuoso riesce ad issarsi. La
Corte non è per niente adatta a quei personaggi
alteri, tutti d’un pezzo, incapaci di cedere a
capricci, di assecondare fantasmi e nemmeno,
se necessario, approvare o favorire crimini
che il potere giudica necessari al benessere
dello Stato.



Un buon cortigiano non deve mai avere
un’opinione personale ma solamente quella
del padrone o del ministro, e deve saperla
anticipare facendo ricorso alla sagacia; ciò
presuppone un’esperienza consumata e una
profonda conoscenza del cuore degli uomini.
Un buon cortigiano non deve mai avere ra-
gione, non è in nessun caso autorizzato ad
essere più brillante del suo padrone o di colui
che gli dispensa benevolenze, deve tenere ben
presente che il Sovrano e più in generale l’uomo
che sta al comando non ha mai torto.
Il cortigiano ben educato deve avere uno
stomaco tanto forte da digerire tutti gli affronti
che il suo padrone vorrà infliggergli. Fin dalla
più tenera età deve imparare a dominare la
propria fisionomia, per evitare che i suoi tratti
tradiscano i moti segreti del cuore o che rive-
lino un’involontaria contrarietà che un abuso
subito potrebbe insinuarvi. Per vivere a Corte
è necessario un dominio assoluto dei muscoli
facciali, al fine di ricevere senza battere ciglio
le peggiori mortificazioni. Un individuo
rancoroso, dal brutto carattere o suscettibile
non riuscirà mai a fare carriera.

*****

In effetti gli uomini di potere non amano che
le punture da loro dispensate con tanta genero-
sità siano avvertite e tantomeno che siano og-
getto di lamentela. Il cortigiano al cospetto del
padrone deve imitare quel giovane Spartano
frustato per aver rubato una volpe; sebbene
durante la punizione l’animale nascosto sotto
il mantello gli scarnificasse il ventre, egli non
gridò di dolore. Quale arte, quale dominio
di sé sono necessari per dare prova di una tale
capacità di dissimulazione che è poi la carat-
teristica principale del vero cortigiano! È neces-
sario che egli sappia costantemente neutraliz-
zare i rivali con atteggiamenti amichevoli,
mostrare un viso disponibile, affettuoso a
coloro che più detesta, abbracciare teneramen-
te il nemico che vorrebbe strozzare; infine
bisogna che anche le bugie più spudorate
siano imperscrutabili sul suo volto.

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